Archivio mensile:agosto 2017

Elogio della tristezza e della fatica

“Come mi giro, sento inviti ad essere felice: dai social, dagli amici, dagli scaffali delle librerie…
E io, che felice non sono, mi sento in colpa, mi vergogno quando incrocio la mia vicina di casa sorridente, quando il collega racconta le vacanze in cui si sono divertiti tanto.
Mi sento esclusa, e per questo a volte orgogliosa, a volte arrabbiata.
Sto meglio quando sono qui in ospedale, e parlo con gli altri parenti. Siamo tutti più o meno tristi, qui. Condividiamo le fatiche. Qui mi sento parte di un mondo.”
Questa è la sintesi di molte voci che quotidianamente ascolto.

L’aspettativa di felicità fa male, a volte. Forse sempre.
Non dico neanche che vada bene l’aspettativa di infelicità. Semplicemente, scorrono. Entrambe. E pensare che la felicità sia il tempo giusto mentre l’infelicità uno sbaglio, una parentesi da superare, non aiuta ad affrontare le difficoltà della vita.

Quando attraversiamo terre faticose, abbiamo bisogno di altre attrezzature, di altre guide, di compagni di viaggio disposti a mostrare volti autentici.
Abbiamo bisogno di verità, non di teatrini in cui si inscenano vite che non sono.
Abbiamo bisogno di benevoli sguardi di accoglienza, che non ci facciano sentire sbagliati, ma degni d’amore così come siamo.
Mi piacerebbe vedere in evidenza sugli scaffali delle librerie meno manuali sul successo, l’autostima, il raggiungimento degli obiettivi e più libri che raccontano le storie vere di vita, che testimoniano i percorsi sudati, le tappe attraversate più che le mete raggiunte.
Mi piacerebbe che si potesse normalizzare la fatica che tutti facciamo, in misure molto diverse, e che le emozioni un po’ reiette trovassero spazio per esprimersi, per ricevere legittimazione e grazie a questo migliori possibilità di autentica trasformazione.
Nei periodi più difficili della mia vita non mi ha aiutato guardare chi si mostrava felice e realizzato. Nessuno di quei modelli mi ha fatto muovere un passo.
Mi è invece servito incontrare persone disposte a mostrarsi autenticamente, a parlare delle difficoltà e a condividerle, disposte a mostrarsi nelle debolezze e negli insuccessi, e negli sforzi quotidiani per proseguire il cammino o rimanere a galla.
Mi è servito leggere le testimonianze vere di vite difficili.
E alla fine, penso che sentirsi appartenenti alla comunità orizzontale degli umani affaticati e dolenti sia fonte di maggiore serenità e di benessere.
Vedo persone che si affannano per inseguire miraggi che le lasciano con tutta la loro sete, e con la frustrazione di vedere altri bere un’acqua che non arriva mai per loro.
Invece, nella comunità degli umani affaticati e dolenti, vedo persone che trovano la loro personale fonte per placare la sete.
Meno miraggi e più verità. Meno teatrini e più coraggio di autenticità.
Questo, mi fa bene.