“C’è più dolore nel mondo che acqua nel mare…”
La signora è ricoverata da più di un mese: ha avuto alcune complicanze dopo un intervento, ma ora si sta riprendendo.
Ha settant’anni, e ne dimostra dieci di più.
“Di dolore ce n’è per tutti, non mi posso lamentare. Ho avuto anche cose buone; tra cose buone e dolori, ho avuto una bella macedonia mista.
Spesso sto qui a riflettere sul male… ma mica quello mio, quello che capita anche agli altri. Ce n’è per tutti.
Mio padre ha fatto la guerra, ha conosciuto la fame. Ora qui mi portano il cibo caldo, magari non è tanto buono, senza sale, ma così ho perso anche qualche chilo. La gente qui si lamenta, ma cosa vogliono? Non sanno cos’è la fame.
Io ho dieci nipoti, e racconto sempre a loro di mio padre, della guerra, della fame, delle fatiche per far crescere un po’ di grano e farci la farina per il pane. Mio padre lo raccontava a me e io lo racconto a loro perché sappiano apprezzare quel che hanno, perché sappiano come si viveva, perché non dimentichino, perché raccontino ai loro figli quando li avranno.
Io la mia vita l’ho fatta. Sono pronta ad andar via.”
Penso alle settantenni rifatte, mascheroni che non si arrendono al passar degli anni, che pretendono vita giovane, che considerano la vecchiaia un insulto.
Penso alle persone che si sentono sempre in credito con la vita, che pensano alla felicità come a un diritto e al dolore come un errore di percorso.
Grazie, Maria, per la tua semplice saggezza. Spero che i tuoi nipoti non dimentichino.
Io mi ritengo fortunata di aver già vissuto 70 anni della mia vita, di aver potuto lavorare, di aver avuto una bella famiglia di origine e potrei continuare… Soprattutto mi sento fortunata, quando nonostante il mio tumore, vedo persone giovanissime che fanno la chemio oppure bambini e bambine senza capelli che sono in ospedale, sottoposti a terapie pesanti da sopportare. Non aiuta sentirsi in credito con la vita, anche se in alcuni periodi è dura e complicata… 🥺
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No, non aiuta proprio… Accade spesso, ma fa sentire le persone sole, infelici, arrabbiate…
Certo, poi, elaborare il dolore è un percorso difficile, e ognuno lo percorre come può, con le risorse che ha.
Un abbraccio, cara Cristina
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Il modo in cui percepiamo il dolore è in relazione al resto della società (del contesto) in cui viviamo.
Se pensiamo ai deportati nei lager nazisti, allora anche chi è in sedia a rotelle può considerarsi fortunato e con una vita magnifica.
E’ tutto relativo.
In africa i bambini vivono in capanne e devono farsi km a piedi per un secchio d’acqua sporca e probabilmente ,essendoci nati e non avendo visto altro, a loro sta tutto sommato abbastanza bene come stava bene a noi nel medio evo.
Ma se attorno a noi ci sono solo persone fortunate (sia di salute che economicamente) e che hanno una vita fatta di soddisfazioni professionali e vacanze magnifiche, ecco che si soffre anche per il solo dover andare dal dentista a fare un paio di impianti.
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Si… e comunque mantenere la consapevolezza della realtà, nostra e altrui, è importante…
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allargare lo sguardo, accorgersi di quanto capita intorno è un antidoto al proprio dolore.
ml
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È proprio così… purtroppo non è una consapevolezza diffusa…
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Grazie delle tue parole ! In questo momento, avremmo tutti bisogno di lunghi monologhi !
Grazie davvero !
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🙂
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