Farcela da soli

Una frase che spesso mi sento dire è: “ma io ce la devo fare da solo/a”. Quando chiedo: “perché?”, le persone rispondono in modo vago: “è giusto così”, “non si può dipendere dagli altri”, “siamo noi che dobbiamo risolvere i nostri problemi”.

Curiose affermazioni. Il punto è che troppo spesso i nostri pensieri non sono frutto di riflessione ma poggiano su pregiudizi ed emozioni. Crediamo di essere razionali, invece siamo immersi nelle emozioni senza esserne molto consapevoli.

Perché dovremmo farcela da soli? Perché è un disonore non riuscirci? Perché chiedere aiuto è vissuto spesso come un segnale di debolezza?

Io credo che invece sia un segno di umiltà e di libertà interiore. Nessuno di noi può farcela da solo: abbiamo bisogno di dialogo, di confronto, di sguardi diversi dai nostri che mettano in crisi i nostri orizzonti, i nostri sguardi, e che da quella crisi facciano nascere sguardi nuovi e più ampi.

Abbiamo paura della dipendenza quando, in realtà, siamo dipendenti. 

“Voglio sentirmi libero/a!” Ma di che libertà parlo se poi sono prigioniero dei miei problemi, dei miei complessi? Per me la libertà è un percorso: non nasciamo liberi, né lo siamo per natura. Siamo guidati dagli istinti, dalle emozioni, dai complessi. Recuperiamo spazi di libertà via via che diventiamo più consapevoli di noi e di ciò che ci agisce. Se sono consapevole posso cercare di scegliere, di decidere cosa fare; nell’inconsapevolezza sono agito da istinti ed emozioni, e non sono libero.

Io non ce la faccio da sola: ho bisogno delle persone che amo, degli amici, di chi mi sta vicino. Chiedo aiuto quando ne ho necessità. Mi sento libera.

15 pensieri su “Farcela da soli

  1. leparolechenonhomaidetto

    Credo di non avercela mai fatta da sola,o quasi mai…non mi sono mai sentita in colpa per aver chiesto aiuto,di sentire che ho spalle forti intorno.E adesso forse è il momento in cui vorrei dire basta.Vorrei spezzare quella che sto iniziando a vivere come una catena.Ora sì che ho necessità di farcela da sola,di sentire almeno che so spiccare il volo,perchè è una sensazione che ho dimenticato…

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  3. goccedisabbia

    Credo che talvolta, nel ns incedere quotidiano, confondiamo il ‘delegare’ agli altri con il condividere con altri le ns difficoltà. Credo che il non chiedere aiuto, venga vissuto come un non-delegare. Ma delegare e condividere sono due cose molto diverse. La responsabilità, la consapevolezza, la fiducia in se stessi, possono aiutare a comprendere che, ferma restando la necessità di curare le proprie risorse personali e gestirle al meglio, il chiedere aiuto è un condividere al quale tutti abbiamo diritto. Personalmente, nonostante l’apparente autonomia, sono una persona che in passato ha sostanzialmente ‘delegato’ ad altri la propria serenità. Un modo di procedere che crea rabbia e vergogna verso se stessi….e per conseguenza un rapporto conflittuale con il prossimo, al quale si tende e dal quale allo stesso stempo ci si distanzia, perché in fondo è come ammettere di non valere. Come ben diceva qualcuno qua, non è semplice il percorso per comprendere che ‘chiedere’, riconoscere come normale il bisogno degli altri, sia una cosa che ci appartiene per natura e che solo l’accoglimento dei propri limiti (e paradossalmente, in modo istantaneo, dei nostri talenti) ci rende liberi, verso noi stessi e verso gli altri.
    Quell’aiutare gli altri, e non aiutare noi, è un passaggio che appartiene anche a me. Mi ha permesso di ‘spostare’ il problema :), lavoro in situazioni di disagio da anni in modo gratuito e ho avuto modo di osservare e osservarmi…aiuto gli altri e ciò attenua il mio senso di vergogna (non ero consapevole, prima) per la sostanziale mancanza di fiducia in me stessa, per quel non ritenermi capace di prendermi cura di me, per le attenzioni che credo di non aver avuto (e chissà…da qualche parte forse pensavo di non meritare).
    Sono stata lunghissima….scusate tutti. Argomento delizioso, Chiara. Difficile non sentirsi coinvolti.

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  4. sorrentinoillustratore

    Farcela da soli finche ce la si fa, certo, giustissimo.
    E’ meglio avere e procurarsi più risorse possibili per stare al mondo perchè non si sa quello che la vita ci riserva.
    Poi, detto questo, si può non farcela, bisogna mettersi molto seriamente di fronte a questa reale possibilità. La storia del mondo è piena di vite che non ce l’anno fatta, a volte perchè non hanno trovato alcun aiuto, penso alle persone che si sono ritrovate ad Aushwitz per esempio, a fronte dei pochi che ce l’hanno fatta molti sono stati sommersi.
    Anche io ho pensato ad un amico dai molti talenti che non è mai riuscito a chiedere aiuto seriamente per i molti problemi che ha avuto.
    Non è mai semplice capire l’intreccio di orgoglio, paura, sfiducia, masochismo che concorrono a renderci incapaci di accettare i nostri limiti e affidarci alla possibilità di aprirci agli altri per chiedere sostegno, e nel caso del mio amico non ho la presunzione di fare una diagnosi,
    ma è per me evidente che la sua chiusura lo ha reso letteralmente incapace di stare al mondo, ci riesce al limite della sopravvivenza fisica e psicologica con l’aggiunta della sofferenza che, con i suoi talenti, che sono veramente significativi, potrebbe vivere e realizzare per se e per gli altri ben altro.
    Nel suo caso non chiedere aiuto equivale a suicidarsi.

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  5. arte64

    Vasto tema.
    Più si ha oggettivamente bisogno di aiuto, più pare importante farcela da soli. Il che, se ci si pensa bene, non è un paradosso, perché è quando l’autonomia (specialmente quella fisica) è minacciata che si sente più l’esigenza di preservarla.
    Non ho mai avuto ambizioni di farcela da sola, eppure vi sono stata costretta quasi sempre. Sono stata dipendente da altri, in tutti i modi possibili. Relativamente tardi ho capito che il rapporto con gli altri (the significant others) non è contraddistinto da una dipendenza emotiva ma dal riconoscimento, attraverso l’amore che proviamo per loro, che siamo tutti al tempo stesso individui autonomi ma anche parte di un tessuto cellulare più ampio, interdipendenti, relazioni viventi. Che siamo relazione (non simbiosi). Ma sono concetti a cui io sono arrivata con fatica, pagando. La libertà è indubbiamente un’acquisizione. Legata al concetto di responsabilità… ma mi sto allargando.

    Complimenti per il blog.

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  6. prigioniera_del_deserto

    Per me farcela da sola è fondamentale.
    Questo non significa che non abbia l’umilità di chiedere o che non mi senta libera di farlo.
    Semplicemente sono consapevole che nella mia vita non sempre c’è qualcuno che è in grado di aiutarmi o che abbia voglia o tempo di farlo, per cui mi sembra opportuno imparare su ogni cosa a gestirmi in modo totalmente autonomo.
    Del resto quante volte capita che gli altri ti offrano il loro appoggio e poi ti lascino nel bel mezzo dei peggiori guai.
    Perciò immagino che sia proprio il caso di prepararsi al peggio, senza tuttavia smettere di sperare per il meglio…

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    1. sguardiepercorsi Autore articolo

      Sono convinta che una cosa non escluda l’altra. Camminiamo sulle nostre gambe, e non sempre abbiamo accanto qualcuno in grado di comprendere e aiutare, per cui dobbiamo anche farcela da soli. Mentre scrivevo il post avevo in mente diverse esperienze, tra le quali quella di un amico . È molto difficile aiutarlo perché il suo modo di chiedere è molto ambivalente. Come nei versi di Rilke, “… Il mio grido t’invoca e ti respinge; contro sì forte corrente tu non puoi andare”. Lui chiede e poi ti allontana, e poi si sente solo, si arrabbia… ti avvicini e ti dà la zampata… Comprendo la sua sofferenza, anche e soprattutto quando dà la zampata… però è molto difficile trovare la strada per arrivare a lui. Comunque mi rendo conto che la questione è molto complessa e tocca sensibilità profonde ed esperienze diverse. Credo che sia importante chiedere, cercare… Poi, anche essere in grado di fare da soli.

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      1. prigioniera_del_deserto

        Il fatto che una cosa non escluda l’altra è all’incirca quello che penso anche io. Poi ognuno ha le sue esperienze di vita: c’è chi bussando alle porte si è visto aprire e chi no e credo che questo influenzi molto l’attitudine individuale verso l’idea di farsi aiutare.
        In realtà io preferisco aiutare invece che essere aiutata, ma anche in questo necessito che l’altro metta da parte la sua ambivalenza. Insomma per me vale il concetto che l’altro deve aiutarmi ad aiutarlo, sennò perdo la pazienza e mi trovo a pensare che la persona che ho di fronte non voglia realmente essere aiutata ma stia semplicemente giocando con me.

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  7. tramedipensieri

    Insomma un pò come dice mia mamma: chi non ha faccia non campa…forse è un qualcosa di diverso…ma, siamo li….
    e’ proprio difficile per me…sai?
    Se mi accorgo di qualcuno che ha necessità non esito ad aiutare e a chidere se ha bisogno…invece per me ….è proprio difficile.
    mah…sarà inevitabile, penso.

    Un abbraccio cara e buon fine settimana
    .marta

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    1. sguardiepercorsi Autore articolo

      Non credo sia inevitabile… È difficile perché tocca aree sensibili, in cui ci sentiamo più vulnerabili… E tendiamo a proteggerci da dolori possibili, da ferite che temiamo possano arrivare, da delusioni che non vorremmo provare… Facciamo quel che possiamo!
      Un abbraccio di cuore, Marta, e buon weekend anche a te…

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